Il diritto tra l’intelligenza artificiale e l’etica

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La relazione tra uomo e macchine

Ogni fine anno è tempo di bilanci.
Mentre ci accingiamo ad aprire la porta al ventesimo anno del terzo millennio, non possiamo non volgere lo sguardo a valle per renderci conto della strada che abbiamo percorso.
In questi diciannove anni del XXI secolo siamo stati travolti da un’esplosione tecnologica. Ci pensate, il primo Iphone è stato presentato nel 2007, soltanto dodici anni fa. Riuscite ad immaginare ora la vostra vita senza uno smartphone?
Mio figlio, no di certo.
Di fatto il rapporto uomo macchina è già iniziato, se consideriamo che il cellulare, ma il termine è oramai obsoleto, è diventato un’appendice del nostro corpo.
E facebook, sapete quando è nato facebook?
Facebook nasce ufficialmente nel 2004 e sbarca in Italia il 24 ottobre del 2009.
Nemmeno i social esistevano all’inizio del terzo millennio e, sbaglia chi pensa che siano soltanto un passatempo. I social hanno, invece, rivoluzionato nel bene e nel male il nostro modo di relazionarci con gli altri e di vivere le esperienze della nostra vita più di quanto si possa credere.

In queste brevi riflessioni proverò a dare una mia interpretazione al ruolo che potrà avere il diritto tra l’intelligenza artificiale e l’etica.

La curva del progresso tecnologico

Possiamo immaginare come sarà il nostro quotidiano fra undici o tredici anni, quali altre invenzioni diventeranno parte integrante della nostra vita, tanto da essere percepite come normali? E come cambierà il nostro modo di vedere le cose?
Nick Bostrom, uno dei più noti data scientist al mondo, rappresenta nel grafico qui sopra quello che sta accadendo sotto il profilo del progresso tecnologico. Se consideriamo che homo sapiens è apparso sulla terra circa 200.000 anni fa, ciò che ci lascia senza parole è vedere come fino alla soglia di questo secondo millennio sia stata calma piatta.

E poi “something weird happened”, qualcosa di singolare è accaduto e come si può notare dal grafico, il processo evolutivo dopo una lunga linea orizzontale non diventa una curva a salire, ma un’iperbole che volge subito in verticale.

Cosa ci riserva il futuro

Di fatto per noi uomini è impossibile prevedere cosa ci attende nei prossimi anni; certo possiamo supporre che nei prossimi tredici anni l’uomo metterà piede su Marte e possiamo addirittura sperare di non vedere più gli anziani in coda alle poste per ritirare le loro pensioni, ma, di fronte ad un’esplosione tecnologica, i cambiamenti potrebbero essere molto al di sopra delle nostre aspettative.
Sappiamo peraltro che il ritmo delle nuove applicazioni sarà sempre più veloce e che l’integrazione, o si dovrebbe meglio dire, l’incorporazione uomo macchina si farà sempre più stretta con significativi impatti sulla nostra società.
Come ci insegna Judea Pearl, nel saggio “The Book of Why” per la prima volta nella storia, grazie all’intelligenza artificiale siamo in grado di stabilire non solo relazioni tra vari elementi, ma veri e propri rapporti di causalità secondo “pattern” predittivi che solo l’intelligenza artificiale è in grado di elaborare il che ci permetterà non solo di mandare in pensione gente come Paolo Fox e compagnia, ma di debellare moltissime malattie.

Grandi poteri, grandi rischi

I modelli predittivi fondati sugli algoritmi  hanno potenziato le capacità umane, ma hanno anche determinato un’asimmetria della conoscenza, da una parte i proprietari di tali modelli, i nuovi sacerdoti, dall’altra i suoi fruitori e allo stesso tempo l’oggetto di questi stessi modelli.

Modelli comportamentali cominciano ad essere utilizzati nei sistemi giudiziari per determinare la capacità a delinquere, nel marketing per conoscere, ma anche indurre la propensione all’acquisto, nel campo assicurativo per stabilire il rischio così come nel settore bancario per la concessione dei prestiti o nel campo lavorativo per la scelta dei candidati.

Lungi dal proporre solo soluzioni, gli algoritmi possono però essere condizionati dagli “input”, cristallizzando pregiudizi sociali e dalle modalità del loro utilizzo, meritando da parte di data scientist come Cathy o’ Neal l’appellativo di armi di distruzioni matematica. In tal senso, per esempio, ha fatto discutere l’algoritmo sessista di Amazon, peraltro non più utilizzato dalla società di Seattle.

Sono  finiti sulle prime pagine dei giornali le rivelazioni di Edward Snowden e i casi come Cambridge Analytica, tanto che qualcuno, tra i più critici la psicologa sociale Shoshana Zuboff, ha parlato di capitalismo della sorveglianza.

La privacy è diventata uno dei terreni su cui ci giochiamo il futuro e l’Europa del GDPR è in prima linea in questa sfida.

 Le linee Guida dell’Unione Europea sull’intelligenza artificiale

Nel marzo di quest’anno, al livello europeo sono state dettate le linee guida che dovranno orientare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, che, si sottolinea, dovrà essere al servizio dell’uomo e soprattutto non dovrà creare discriminazioni di sorta. E’impensabile infatti che la regolamentazione dei fenomeni tecnologici possa essere lasciata solo a codici di condotta. E’ invece necessario affidare al diritto il ruolo che gli compete, cioè fare in modo di porre il diritto tra l’intelligenza artificiale e l’etica.
Come non mai, una regolamentazione, per quanto difficile ed imperfetta è necessaria se non altro perché, fatto unico nella storia della vita sulla terra, una specie, l’uomo, potrebbe determinare un significativo upgrade della sua stessa evoluzione naturale il cui fine ultimo, secondo i più visionari, come ad esempio Ray Kurweil, ma anche Yuval Harari, con un atteggiamento più critico, potrebbe essere la conquista dell’immortalità e la colonizzazione dell’universo, mentre secondo i più pessimisti, per tutti James Barrat, ma anche il compianto Stephen Hawking, potrebbe essere l’estinzione.
Non è un caso, né una “boutade”, se proprio in questi giorni gli Stati Uniti abbiano annunciato la costituzione di una “Space Force” a cui lavoreranno sedicimila persone tra militari e civili.
Di fronte a uno sviluppo tecnologico che non sembra avere limiti, la questione inevitabilmente si sposta dalla tecnica all’esigenza improcrastinabile di compiere scelte eticamente accettabili.
Solo il diritto può garantire una mediazione tra le istanze dell’etica e le impellenze della tecnica.

La ridefinizione dei nostri valori

Nel paragrafo precedente abbiamo visto come si pone il diritto tra l’intelligenza artificiale e l’etica.  Ma questo non basta. Si tratta ora di capire da chi e come verranno definiti o ridefiniti concetti imprescindibili come il bene comune? come verranno tracciati i confini tra pubblico e privato? 

A mio sommesso avviso, per paradosso, ciò che ci necessita per conservare l’essenza della nostra umanità, è già presente nelle nostre origini, nei testi classici in cui amore, compassione, “pietas”, amicizia, vita e morte, pubblico e privato sono stati e continuano ad essere sviscerati regalandoci sempre una prospettiva privilegiata da cui osservare il mondo che ci circonda e un metodo per decifrarlo. Ai giuristi spetta l’arduo compito di saper recuperare tali “input” ed offrire strumenti efficaci per modellare la via del progresso.

L’impressione è, quindi, che siamo ad un bivio in cui la strada da battere più che un salto nell’ignoto dovrà essere quella di un ritorno al futuro.



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